giovedì 23 marzo 2023

L'apprendimento è un percorso di vita e non un metodo

Dove nasce l'insegnamento delle lingue? Socialmente nasce dalla esigenza più o meno viva, in base al periodo storico, di comunicare con altre popolazioni. Non solo nasce dall'esigenza di comunicare, ma dal desiderio di farsi comprendere e di comprendere. 

Didatticamente? 

Didatticamente sono stati i filosofi i primi a parlare di insegnamento (o apprendimento), poi ciascuno ha preso la sua via e per le lingue sono arrivati i letterati che studiavano le lingue nobili, poi diventate antiche: il latino, il greco antico, l'aramaico. Anche in questo caso poi si sono divisi i compiti, chi studiava l'evoluzione delle parole e delle frasi ad esempio da un punto di vista fonetico (i filologi), quante volte ci siamo chiesti come mai alcuni usano PH e alcuni usano F per emettere lo stesso suono? Chi studia spagnolo ha di certo notato che le parole che in spagnolo terminano in DAD, spesso in italiano terminano in TÀ. Come sono avvenuti questi cambiamenti, chi discende da chi? Chiaramente si rimane in ambito antico in questo caso. Altri, i linguisti, studiavano la struttura della lingua in modo scientifico, la grammatica è il loro pane quotidiano e nessuno conosce una lingua se non ne conosce la grammatica, secondo loro. Più il meccanismo del globalismo avanzava, più ci si rendeva conto che la grammatica di una lingua non è sufficiente a comunicare, a questo punto si comincia a studiare diversi metodi di insegnamento e arriva la glottodidattica, ovvero la scienza della didattica della lingua. Per parlare di metodi di insegnamento, bisogna riflettere sui metodi di apprendimento, a questo punto nasce la riflessione metalinguistica, ovvero la riflessione sulle capacità innate di ciascuno di apprendere, scopriamo che sono tante e diverse, una grande rivoluzione che si accorge dei disastri indotti in quelle persone alle quali si pensava di plasmare il cervello attraverso l'insegnamento (in sendo educativo e positivo, pensavano) per poi accorgersi che, in realtà, l'apprendimento dipende dal tipo del soggetto che apprende e, ovviamente, dalla grandezza del maestro capace di diversificare la sua metodologia, ovvero la sua attitudine. In questo periodo sentiamo parlare di cambiamento, non più memorizzazione, grammatica, regole a memoria e induzione del comportamento (finalmente!), ma creatività, stimolo, curiosità, dialogo, riflessione. Se i nostri antichi letterati avevano lasciato la via lenta della riflessione dei filosofi, arrivando piano piano alla via della regola senza riflessione e della velocità dei linguisti, piano piano ci si sta di nuovo rivolgendo alla lentezza, alla riflessione dialogica con un pizzico di creatività e digitalizzazione (per rispetto della nostra evoluzione). A questo punto siamo arrivati a valutare le diverse modalità di apprendimento dei singoli studenti, i cosiddetti DSA. Che non sono scimmie incapaci di proferire parola o di pensare; al contrario sono persone, forse un po' vivaci e allegre (in fondo vivere è bello), estremamente intelligenti che sviluppano un canale piuttosto che un altro, anche se tristemente alcuni ancora li considerano di seconda classe. 

Ma in fondo di che ci meravigliamo? Ci sono persone che amano più gli animali che le altre persone, dicono perché gli animali sono più buoni e certamente giustificando con la loro inferiorità mentale il fatto che a volte aggredisscono o mordono ferocemente le persone, o i gatti o altri animali, con rispetto parlando per gli animali, perché anche loro meritano di vivere dignitosamente ma far vivere un cane o un gatto da uomo? Vi piacerebbe vivere da cane o da gatto, dovendo reprimere voi stessi? Quando chiedete al vostro cani di venire a tavola con voi, vi siete chiesti se voi vorreste mangiare nella ciotola del cane stando a quattro zampe? Qui sfociamo nel dibattito tra amore - possesso - egoismo ma non è il post adatto.

L'ultima riflessione degna di nota, soprattutto rispetto agli evoluti DSA, riguarda il fatto che a dispetto di quelli che pensano che il DSA ha un malfunzionamento cerebrale, inteso proprio come incapacità, pensate che un DSA, con bravi professori, può laurearsi e diventare scienziato, chirurgo, avvocato, addirittura premio nobel; al pari di un non-DSA (che sembra abbia l'accezione di normo-dotato) può rimanere ignorante, incapace di scrivere una lettera all'agenzia delle entrate, incapace di fare due calcoli a mente ma anche con la calcolatrice, incapace di apprezzare un viaggio o un'opera d'arte se posto in mano a professori incapaci e incompetenti. Se riflettete su questo capite che l'insegnante assolutamente non può cambiare il carattere, l'indole e il modo di apprendere di un ragazzo, ma può fare la differenza nella sua vita, ancora una volta l'arduo compito del professore di arrivare al cuore di ongi studente, con amore si intende, anche se punire, mettere a tacere e stimolare è più a portata di mano.

A questo punto vi parlo del mio metodo di insegnamento, visto che voi che mi seguite lo fate per ciò che insegno, altrimenti vi annoiereste a morte. Sicuramente il mio metodo di insegnamento ha origini nell'approccio formalistico perché da là venivano i miei professori.

Ma quella gocciolina lasciata da quella signora che in 1^ elementare veniva a scuola il sabato e ci diceva: con me fate due chiacchiere in inglese, roba semplice. 
La lingua, la grammatica, la studierete a partire dalle scuole medie con veri prof. di inglese.
Era là che il cambiamento nasceva.

Poi, quelli della mia generazione, siamo passati per la naturalizzazione dell'apprendimento. Roba meno semplice per l'insegnante, che doveva scender di cattedra e stabilire con i discenti una relazione linguistica: un dialogo. Un dialogo dapprima guidato, che inducesse grammatica; poi aperto, che la grammatica la si intuisse.

Così via, fino ai metodi del canale multiplo, ai viaggi di studio, agli scambi di opportunità.
Ma c'è ancora qualche persona vecchio stampo che mi dice di no, che bisogna studiare la grammatica per imparare la lingua, altrimenti nemmeno si riesce a parlare, ovviamente molto dipende dal discente, si può parlare senza sapere la grammatica, scegliendo un posto di lavoro dove non serve saper parlare correttamente, senza accenti e senza errori. Ad esempio un meccanico non è costretto a studiare dizione, mentre un doppiatore che non conosce la dizione difficilmente lavora, ma non è costretto a conoscere le forze meccaniche.

Tornando all'argomento principale, a mio avviso, tutti questi metodi e credenze pedagogiche sono legate a un sottile, inspiegabile, filo invisibile: la relazione positiva tra un docente e il suo discente, inevitabilmente se stessi, i propri confini, la consapevolezza dell'essere e la scelta responsabile di ciò che si fa e si dice, almeno quando si insegna. Sicuramente se il percorso di apprendimento è positivo, è anche di successo, altrimenti è finalizzato a superare lo scoglio degli anni scolastici e spesso decade appena lasciate le aule. 

Questo il mio invisibile percorso di formazione umano-pedagogica. 
Buona apprendimento a tutti.
Con affetto anche a chi mi critica.
Silvia


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