lunedì 8 febbraio 2016

Anche le fiabe sono una via all'educazione, bisogna solo saper scegliere

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Perché leggere fiabe ai bambini? Le motivazioni sono tante, tantissime. La buona lettura condivisa crea una relazione intima tra il lettore (speriamo qualche volta sia il genitore) e il bambino; aumenta la capacità di ascolto, attenzione, comprensione e immaginazione del bambino; sviluppa un linguaggio corretto e colorito fornendo un vocabolario ampio; sviluppa la capacità nel bambino di fare collegamenti incrociati; permette al bambino di comprendere che esistono diverse vie e non esiste mai una sola verità, questo lo porterà in futuro a saper scegliere; sviluppa il suo desiderio di condividere momenti di lettura e riflessioni con altri bambini. La lettura condivisa senza richiesta di prestazione sul bambino aiuta anche i bambini con disturbi di apprendimento a migliorare la loro autostima, capacità attentiva  e voglia di continuare a leggere/ascoltare. La lettura sviluppa tutte queste qualità anche nell'apprendimento della seconda lingua se viene spesso proposta appunto in lingua. Ovviamente in tutto questo serve della buona letteratura per l'infanzia e per fortuna ne abbiamo a iosa, bisogna solo saper scegliere.

Anche per noi genitori non esiste mai una sola via. Ci sono genitori che desiderano passare del tempo con i figli, aiutarli nei compiti, insegnare loro un comportamento equilibrato, dare un senso ai loro giochi e ci sono genitori che preferiscono che i bambini acquisiscano tutte queste cose da soli. Ciascuno sceglie il suo metodo indirizzando, volente o no, i propri figli in una o nell'altra direzione.
I bambini che crescono nei gonfiabili (che nessuno me ne voglia) acquisiscono uno sviluppato senso di "non paura" per cui possono correre all'impazzata uno dietro all'altro senza senso, calciare forte il pallone verso un punto qualsiasi senza preoccuparsi che ci siano persone o vetri, spingere, strattonare, rompere. Diventano estremamente competitivi anche a discapito della buona relazione affettiva ... Perché la percezione all'interno dei gonfiabili è che nulla può accadere, ci si diverte storditi a sbattere a destra e a manca senza capire perché e senza rendersi conto che fuori il mondo non è di gomma.
I bambini che crescono nei libri e nell'arte di solito vengono penalizzati dal fatto che mal si difendono dall'aggressività e alla fine rinunciano. Una via di mezzo? Magari mi vien da dire, ma per ora mi sembra che questi siano i due estremi all'interno dei quali si muove la educazione (o non-educazione) moderna.

Io sono una di quelle mamme che sceglie la via della lettura e del comportamento civico. Oltretutto ho imparato che la lettura e la scrittura non sono retaggi naturali dell'uomo (come eventualmente l'ascolto) e quindi i bambini, presto o tardi, devono essere guidati ad apprendere a scrivere. Come ogni cosa prima è meglio riesce ma, proprio perché parliamo di ogni cosa, non credo sia conveniente pensare che i primi 4 anni di vita di un bambino il genitore debba fargli fare una stressante vita fatta di alte aspettative e costringerlo ad imparare tutto.
Si rischia di crescere un bambino capace di fare tutto ... se non fosse per quel senso di frustrazione e inadeguatezza che lo ha accompagnato nei primi 4 anni di vita quando non ha potuto/saputo giocare. Un po' come avviene nel bullismo, se un bambino subisce bullismo molto presto porterà questi retaggi con sé tutta la vita e dicono cazzate (uso di proposito un termine forte) quelli che sostengono che sarà forte da grande. Ricordiamoci che la carta vincente di un adulto è saper essere felice e positivo e non forte, e tantomeno violento.

Dunque per prima cosa, a mio avviso, il bambino deve imparare a divertirsi e ad essere felice. La mia proposta in questo senso è ridurre l'orario scolastico (e per coloro che non possono permettersi di prenderli, lasciare uno spazio puramente ludico più ampio), tecniche di insegnamento, ma anche strumenti, più moderne e più divertenti (da non far sfociare nel gioco perché il bambino quando studia deve sapere che sta apprendendo), meno costrizioni e più tempo alla modalità bambina anche per vestire, mangiare, dormire. Permettere cioè al bambino di arrivare a destinazione scegliendo il percorso a lui più adeguato evitandogli troppe frustrazioni che lo indeboliscono. Qualcuna si ma non troppe.
E tanta, tanta lettura in più lingue.

Anche attraverso le letture si può scegliere una via piuttosto che un'altra, notiamo ad esempio la differenza del finale della fiaba (da non confondere con la favola moralista che io peraltro non preferisco) nel mondo italiano e nel mondo inglese. Nelle fiabe inglesi (e in generale germaniche) il finale non è quasi mai un Happy Ending ma di solito si passa per vie malvagie, a volte cruente e non sempre finiscono bene anche se magari il nocciolo della questione è stato risolto. Basti pensare alla storia originale di Cenerentola (versione dei Fratelli Grimm) in cui la sorellastra maggiore si taglia l'alluce pur di infilare la scarpetta di vetro.
Possiamo citare anche il moderno Voglio il mio cappello di J. Klassen in cui l'orso amabile e gentile quando finalmente capisce qual è il suo cappello e trova il colpevole, senza indugio lo mangia, lo mangia? Chi lo sa, in ogni caso il finale risolve la questione e l'orso ha il suo cappello, ma quale prezzo è stato pagato?

La letteratura italiana, invece, è più mite e di solito preferisce i classici Happy Endings.  Qualcuno mi dice che è tipico di noi artisti italiani preferire il bello e il solare (chissà che il clima non c'entri effettivamente qualcosa: grigiore vs solare), scegliendo di nascondere le brutture.
Altri ci spiegano che in un mondo tanto brutto vale la pena presentare ai bambini l'alternativa di un mondo bello in cui credere, sperando che vogliano piano piano, crescendo, costruirlo. Altri ancora dichiarano di scrivere con happy ending per insegnare ai bambini che non sono sempre i più forti e violenti a vincere, anzi sembra proprio il contrario e ritorna il mito di StarWars.

Ogni cultura, poi, ha il suo fascino, che qualcuno chiama obiettivo politico o  culturale e così i sudamericani sono più malinconici, gli statunitensi edulcorati dal tutto va bene, tutto funziona e quasi quasi nelle storie il brutto sparisce del tutto e così via ....

Anche nella scelta dei libri bisogna sentirsi liberi di valutare e così c'è chi preferisce comprare grandi raccolte poco illustrate e chi preferisci gli albi illustrati senza parole.
L'importante è esserne consapevoli.
A me piace avere poche grandi raccolte di autori immancabili ma preferisco in generale libri che racchiudono singole storie, se sono illustrate meglio ancora. L'illustrazione per me, però, deve saper parlare con il testo e se quindi viene inserita lontana dalla frase/contesto di riferimento e/o in contrasto e/o con significato leggermente diverso, per me quel libro non ha valore.
A me piacciono le immagini semplici, minimaliste che mettono in risalto un tema lasciandone altri in ombra come suggerimenti. La stessa cosa vale per il testo, adoro le storie scritte in modo semplice, scorrevole e perché no ritmato. Chiedo troppo? No, ci sono autori che con una parola e una illustrazione riescono a dire quello che io posso in 20 pagine di testo.

Detto questo mi sento di dire a tutti i genitori: quando leggiamo ai nostri figli non dobbiamo temere che non capiscano come capiamo noi. Dopo qualche volta che rileggiamo lo stesso libro ci accorgiamo che capiscono molto meglio di noi, ma quello che vogliono loro.
Buona lettura
Silvia



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