martedì 14 settembre 2021

Apprendimento: una via relazionale tra neuroni e emozioni

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Cari amici,

Quest'anno con questo lungo post sull'apprenidmento ricomincio l'anno di apprendimento e vi lascio le mie proposte di laboratori on-line

Ultimamente riflettevo sull'apprendimento con alcune persone e mi sono ritrovata a notare che più si va avanti, più si parla di apprendimento logico, programmatico, direi computerizzato. Attenzione, io credo che internet e il computer siano dei mezzi validissimi per l'apprendimento, ma non credo nell'apprendimento considerato come una funzione da computer sia buono. Io credo molto nell'apprendimento analogico, più di quello logico. Logico è più comprensibile e gestibile perché non prevede imprevisti, rassicura ma funziona solo per il riempimento a mio avviso.

Qualche tempo fa mi sono trovata a chiedere delle informazioni legali per una persona che avevo conosciuto. Le ho chieste a una serie di insegnanti di tutta Italia, devo dire anche esperte e gentili. È successo qualcosa di davvero straordinario. La richiesta era: "Ho conosciuto una mamma con un bimbo di seconda elementare con una 104 per la quale non le hanno mai parlato di apprendimento o di intelligenza o di sostegno. Una patologia a sé sempre gestita nel migliore dei modi. In prima elementare questo bambino ha avuto dei disagi e la mamma ha chiesto la relazione delle maestre per controllare che questa malattia non avesse nulla a che fare con le sue difficoltà. Una mamma che va a intuito, che cerca di capire, che usa l'istinto materno per osservare, comprendere e aiutare il figlio con amore. La relazione viene stilata e la mamma la consegna all'ospedale che segue il figlio per la sua 104 e aspetta di sapere se vale la pena fare una valutazione dei disturbi di apprendimento. Nel frattempo il bambino viene bocciato. Una bocciatura giustificata da un esame costruito proprio su quelle difficoltà che la scuola stessa aveva messo in risalto. Il consiglio che mi sono sentita di dare a questa mamma è stato di informarsi bene sulla legge prima di prendere qualsiasi decisione. Chiedo quindi a tutti questi docenti quale sia la legge italiana che regola la bocciatura dei bambini nella scuola primaria".

Prima di riuscire ad avere una risposta sulla legge, c'è stato uno scalpitio di fame di sapere, di conoscere e in qualche caso di giudicare per poter spiegare come la bocciatura sia stata decisa, senza conoscere me, la mamma in questione, il bambino o la scuola. 
Mi aspettavo massimo 3 risposte con link e leggi, mi sono fioccate domande e valutazioni da tutto il paese:

ma la conosci la madre?
ma decide da sola oppure con il padre? 
Ma che disturbo di apprendimento ha il bambino?
Se c'è una 104 il bambino ha un ritardo mentale e non è un DSA. La madre lo deve dire.
La scuola lo ha considerato non maturo e quindi lo ha bocciato per aiutarlo.
La madre deve aver firmato una carta per la bocciatura.
Ma il bambino ora come sta?
Ma lo segue la madre o una persona esperta?

Io non so se riuscite a vedere quanti pregiudizi ci sono in queste domande, che sembrano di curiosità ma sono piene di sapere pregresso che non permette di andare avanti. Giusto un paio di maestre si sono rese conto che io avevo solo chiesto una legge e non una valutazione, probabilmente perché consapevoli che non si può parlare di nulla senza stabilire un contatto, una relazione con la persona in questione e dunque quale è il fine ultimo di tutte queste domande? 
La risposta era "decreto legislativo 17 aprile 2017 n.62". 

Non voglio in nessun modo dire male di queste insegnanti che si sono tanto prodigate, ciascuna pensando a modo suo di aiutare. Hanno passato tanto tempo a riflettere con me e con ogni probabilità, chi per un motivo chi per un altro, si sono emotivamente sentite coinvolte, come io con la signora che mi ha raccontato di suo figlio. 
Questo è il modus operandi al quale siamo abituati e non sempre è male, spesso ti pone anche in moto per riflettere sulla tua vita, sulle tue scelte, su quello che fai e molto altro, però non c'è una semplice risposta diretta.

Spesso si parla di apprendimento in termini di cervello, di memoria e di velocità di lavoro individuando le parti del cervello che svolgono queste funzioni. B
revemente cercherò di riassumere l'argomento ma vi ricordo che se avete curiosità scientifiche, il mio blog non è il posto giusto, dovete parlare con esperti di neuro-psichiatria e sviluppo dell'età evolutiva.

Il cervello

Se io oggi cammino è grazie allo sforzo del primo ominide che ha deciso di scendere dagli alberi e battendosi ferocemente per sopravvivere, si è alzato su due zampe/gambe, perché le mani servivano per raccogliere pietre e tirarle o per coprire gli occhi dal sole e vedere lontano il predatore. 


Ogni Bambino che nasce ripercorre questa fase. A quanti di voi viene in mente il mal di schiena leggendo queste parole? Ebbene ognuno di noi porta con sé questa evoluzione e ci si è spesso chiesti cosa succede al cervello in fase evolutiva? È un bene che ci si facca queste domande e che si riesca a capire che alcune difficoltà sono solo differenze, solo così si è riusciti a comprendere che non ci sono bambini scemi da lasciare da parte ma bambini con diversi percorsi di apprendimento, con diversa modalità di apprendimento. 


Questo è ciò che ha reso possibile l'evoluzione umana rispetto all'inclusione. Pensate a quando prima della guerra ma anche subito dopo, esistevano famiglie con ragazzi disabili che dovevano cavarsela da soli, ai quali non veniva data importanza perché considerati senza speranza e invece oggi sappiamo che hanno le stesse speranze degli altri, basta lavorare a rendere l'ambiente accogliente e inclusivo. Al di là delle barriere architettoniche (che non sono poco) cosa vuol dire ambiente accogliente e. inclusivo?


Avete sicuramente sentito dire migliaia di volte che la parte destra del cervello è quella che elabora le informazioni visive, è dove avviene il processamento spaziale. L’emisfero sinistro invece svolge tutte le funzioni di elaborazione del linguaggio. 


Ciascun emisfero poi è diviso in più lobi ciascuno con una diversa funzione: 

  1. frontale, 
  2. parietale, 
  3. occipitale,  
  4. temporale. 


A tenere in piedi tutta questa struttura troviamo: 

  1. I neuroni, che sono responsabili del passaggio  dell’impulso nervoso, ovvero del passaggio di informazioni attraverso i loro legami reazionali.
  2. La glia, che sviluppa la mielina che ricopre i neuroni man mano che crescono, potremmo pensare che protegge il nostro sapere.

Il lavoro del cervello è quello di associare gli stimoli che percepisce da fuori attraverso i 5 sensi (vista, udito, odorato, gusto e tatto), ai concetti astratti, ovvero ai significati imparati nel percorso di crescita per poter elaborare una reazione. 


L’amigdala, (nel sistema limbico), agglomerato di funzioni nervose. 

È coinvolta nella formazione dei ricordi legati alle emozioni (forse la parte di noi più collegata al nostro passato genetico)

Fortemente coinvolta con il condizionamento pauroso derivante da situazioni di forte dolore (processo cognitivo esperenziale)

Elaborazione delle emozioni, strettamente correlate al dolore da superare, quindi alla paura.


Il tronco encefalico sul quale poggia il cervello, è la stazione dove passano tutti i segnali che dal cervello vanno al corpo e dal corpo vanno al cervello. Come un albero e il suo sistema linfatico.


In ogni lobo si vanno a sviluppare (o meno) le diverse funzioni del cervello. 

Allenarle significa anche svilupparle, un po’ come il fisico, se ci alleniamo e non diventiamo obesi, il nostro fisico non peggiorerà. Non scendo in altri particolari perché l'intento non è fare un trattato scientifico ma solo mostrare la scientificità dello studio sull'apprendimento. 


La memoria

La memoria fisica è quella delle esercitazioni, abituare la mano alla penna, abituare le gambe a camminare o sciare, abituare gli occhi a fissare un punto, le mani a suonare … tutto ciò che facciamo fisicamente possiamo immaginare che crea un solco in una zona del nostro cervello e ogni volta che dobbiamo fare quel movimento, è come se ripercorressimo quel solco. All’inizio è un po’ come farlo sulla sabbia, se lo fai una volta è possibile che il mare lo cancelli. Ma se lo passi e lo ripassi più volte, il mare non lo cancella e voi lo potete recuperare quando serve, la memoria dunque ha a che vedere con il recupero delle informazioni.


La memoria intellettuale può dividersi in 3 processi.

  • Fase di codifica: è il processo con il quale noi acquisiamo una informazione e la immagazziniamo;
  • Fase di ritenzione: è la fase in cui l’archiviazione diventa stabile e di facile recupero al momento opportuno (conosciuta come memoria di lavoro a lungo termine, o antica);
  • Fase di recupero: è la fase in cui una informazione ci serve e viene recuperata dalla memoria a lungo termine per essere messa in evidenza nella memoria a breve termine, ovvero in quel piccolo magazzino di passaggio che ci permette di utilizzarla proprio in quel momento (mamma mi dice di telefonare a zio Paolo, io recupero nella memoria a lungo termine la informazione telefono e la informazione zio Paolo e le metto nel piccolo magazzino fino a che mi ricordo di telefonare a zio Paolo)

Queste memorie ci servono per allenare e evolvere le nostre funzioni cerebrali (allenamento, memoria, conoscenza. Creatività e consapevolezza emotiva si uniscono ma ne abbiamo già parlato … credo).


Oggi si considera una delle caratteristiche dell’intelligenza anche la velocità con cui si eseguono le funzioni intellettive. Dal mio punto di vista, però, accelerare troppo i tempi e aumentare sempre più la quantità di nozioni, nella speranza di creare persone brillanti, genera tanti malesseri, può essere fonte di stress e di nevrosi.


L'emotività

Comprese tutte queste questioni scientifiche, più o meno precise (per favore se vi interessano documentatevi da professionisti del settore neuro-psichiatrico e non da una blogger qualunque), vi domando: cosa ricordate voi di quando eravate bambini e apprendevate? Vi ricordate la maestra simpatica? Ma anche quella megera che puniva. Vi ricordate la compagna o il compagno che vi faceva ridere, che vi faceva paura, che vi ha fatto innamorare. I compiti fatti insieme, i cartelloni in gruppo, vi ricordate l'evento in cui qualcuno ha fatto qualcosa di strano, vi ricordate il suono della voce di una maestra ... mille cose possono esser dette e tutte hanno un filo conduttore: la relazione.


La relazione è fondamentale per stabilire un percorso di apprendimento. Oggi si lavora molto da remoto, ma in fondo l'importante è che si stabilisca una relazione, che non sia un incontro unidirezionale tra ragazzi e digitale, una relazione in cui loro assorbono senza possibilità di risposta, di reclamo, di battuta. Ci deve comunque essere qualcuno che risponde, che ride, che scioglie dubbi e i professori e i maestri di questi due anni sono stati eccezionali, in breve tempo si sono messi in discussione, hanno studiato, costruito lezioni digitali e faticato tantissimo, bravi!! 

Ma, al di là del digitale, perché la relazione è fondamentale per l'apprendimento? Cosa corre sul filo della relazione? Ci corrono i ricordi (la memoria, lontana e vicina), ci corrono i richiami (il ripescaggio delle informazioni), ci corrono le emozioni che stimolano in un modo o nell'altro lo studente (positive per incuriosirlo e dargli fiducia in se stesso, negative per ... non mi voglio esprimere, io sono contraria allo stile educativo di carattere punitivo e riempitivo). 

Allora mi domando, siamo sicuri che la velocità c'entri? Può essere una caratteristica per un certo tipo di lavoro, segreteria, inserimento dati, compilazione moduli ma a volte per essere precisi, corretti, accurati e efficaci serve la lentezza, la capacità di ascoltarsi e di ascoltare, la possibilità di riflettere e di cercare. 


Vi fareste curare da un medico che ha fretta di finire? Alcuni parlano di velocità di connessioni neuronali e non velocità di azione fisica, ma poi si valuta di continuo (ancora oggi, nell'era digitale, al pari di quando studiato stenografia) chi è più veloce a finire il compito, a scrivere, ad alzare la mano a discapito dei bimbi più piccoli, o di quelli più lenti e riflessivi, o di quelli che hanno capito meno un argomento. Sono scelte.


Ancora oggi ci si concentra sulla velocità e sulla quantità perché, ritengono alcuni, l'insegnante di ogni ordine e grado deve solo insegnare la materia e non l'educazione, soprattutto emotiva. 

Sull'insegnamento emozionale io sono d'accordo, infatti io non credo proprio che le emozioni possano essere insegnate, le emozioni si trasmettono per contagio virale come la febbre e dunque si possono solo vivere, proprio per questo è importante creare un mondo accogliente, sereno e inclusivo. 


Insegnare non vuol dire che più cose spieghi e più hai fatto bene il tuo lavoro. 

Le competenze che i bambini devono acquisire non hanno nulla a che vedere con la quantità di informazioni che vengono messe (si crede) all'interno del loro cervello, perché il cervello non è un contenitore in cui mettere dentro delle informazioni ma un organismo vivente che vive di relazioni, le relazioni neuronali. Più si stringono relazioni neurnali più si evolve. 

Questo sì che ha a che vedere con le competenze da acquisire. 


L'arte, la musica, l'apprenidmento delle lingue in modalità bilingue (cioè con apertura mentale verso la lingua, in modo accoglente e non mnemonico), la storia, la geografia, la scienza, tutto corredato da visite ai musei, ricerche di gruppo, dialogo, curiosità e lentezza, quella che permette di appassionare, di desiderare di conoscere, di scoprire piacevolmente una materia; tutto questo ha a che vedere con le competenze da acquisire. 

Il recupero della memoria può esser legato alla velocità. Se memorizzate le tabelline, sicuramente siete più veloci nello svolgere le moltiplicazioni o le divisioni, ma in che modo migliora la vostra vita? 

La velocità però non è sinonimo di intelligenza per me, perché anche chi è lento può imparare le moltiplicazioni e le divisioni. 


L'empatia invece, è condizione essenziale per un insegnamento di successo, che permette di stabilire la giusta relazione tra il maestro e i suoi discenti, che riesca quindi a centrare la sua funzione di insegnante per tutti. L'empatia, non lo dimentichiamo, è molto difficile perché prevede una estrema consapevolezza di se stessi e la capacità di distinguere la propria emotività rispetto a quella dei discenti, solo con una grande consapevolezza personale si può osservare e comprendere l'altro. Pensate a quanti psicologi ogni giorno devono fare questo lavoro e in momenti di difficoltà personali, lutti, malattie, stanchezza fanno errori, perché è davvero un lavoro estremamente difficile la consapevolezza.


Per me questo è insegnamento, tutto riassunto nelle parole amore, relazione, positività, inclusione, calma, privo di giudizio, una mano che ti accompagna e ti guida per la tua strada e non per la strada di altri.


Buona scuola, homeschooling e apprendimento a tutti

SilviaC

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