lunedì 24 agosto 2020

Scuola, genitori e alternative ai tempi del COVID-19

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Dopo tanto tempo torno a confidare i miei pensieri sul mio blog LeggiCON. 
In questi ultimi anni ho riflettuto a lungo sulla questione apprendimento, scuola, socializzazione, mode e malattie del secolo. È uno degli argomenti che condividiamo più spesso mio marito e io la sera quando i bambini dormono e tutto tace. 
Siamo giunti alla conclusione che siamo entrati in un punto di svolta, per citare Fritjof Capra. Un momento storico che presto, se la Terra non ci abbandona, entrerà nei libri di storia come "rivoluzione".

Da anni oramai ci si chiede perché sprecare ancora tempo e materiali inquinanti quando si può lavorare da casa, si può studiare da casa, si può mettere in rete fisco con agenzia delle entrate con datori di lavoro pubblici e privati e gli incroci permetterebbero di controllare l'evasione fiscale; così come renderebbero meno personali i giudizi di maestri e professori pur permettendo loro di personalizzare il programma (che invece sembra sempre più standard); gli ospedali potrebbero essere in rete per dibattere delle malattie e delle medicine e soprattutto della prevenzione; i giornalisti potrebbero citare le fonti nei loro articoli e le fonti essere a disposizione di tutti ... ma questo è niente. 

Sembra che il digitale tolga lavoro alle persone e tutti dovranno morire di fame, e la popolazione mondiale sia destinata a morire molto presto. Una catastrofe atomica, accompagnata da malattie inguaribili,  dalla calotta polare che si scioglie, dal mare che si innalza, dalle foreste che scompaiono ... sicuramente un periodino difficile in cui per fortuna molti di noi hanno mantenuto una vena artistica con cui salvarsi. 
Ma proviamo a pensare che ce la faremo, che una possibilità c'è, che non è tutto perduto e che magari si può lavorare meno e avere più tempo libero e lavorare in più persone, magari da casa lavoriamo incontrandoci due volte la settimana ma abbiamo più tempo per socializzare e rendere il posto in cui viviamo migliore. Lo abbiamo fatto e funziona.

Soffermo il mio pensiero sul cambiamento mondiale che stiamo vivendo e sulla scuola, mi limito ad osservare e a pensare a questa istituzione che per tanti lustri, a fatica, ha tirato fuori l'Italia dall'analfabetismo e che ora, se non le permettono di rinnovarsi, rischia di colare a picco. 

Il vero problema è la rivoluzione che stiamo vivendo e la fatica di alcuni a lasciare andare il passato. 

La scuola non può più essere quella esperienza di scrittura delle letterine e di scrittura di tutte le lezioni "che così sia impara a scrivere che memorizza l'argomento", perché nell'era digitale scrivere in corsivo non è neppure necessario e la memorizzazione di dati la lasciamo fare al computer. Quello che oggi serve è l'apertura mentale, l'apertura al nuovo e al diverso, la creatività nell'organizzare una scuola che non lasci indietro nessuno ma che aiuti il governo e i cittadini ad andare avanti, nonostante i disastri ambientali, nonostante la pandemia, nonostante l'idea semi-collettiva che la Terra sta per implodere dall'inquinamento e non ci sarà un futuro per i nostri figli, perché per noi già questo è il futuro che abbiamo costruito. 

Il 14 settembre ricominciano le scuole ma le direttive ministeriali sono strette e difficilmente ci sono le giuste caratteristiche per mandarle avanti, pubbliche ma anche private, non sanno più cosa inventarsi. Quello che di buono emerge è una forte volontà da parte dei genitori di organizzarsi per non lasciare i propri figli senza istruzione. Serve che le istituzioni smettano di blindare le decisioni ai dipendenti pubblici e si aprano al colloquio con i genitori, con le loro proposte e con un sistema alternativo che vuole navigare per mano alla scuola, in sinergia con la scuola e non necessariamente come un subalterno o un sottoposto o un ribelle antagonista.

Riapriranno le scuole? Quanti casi di contagiati servono per chiudere una classe? e una scuola? Vanno in quarantena la classe, la scuola e tutta la famiglia e tutti i colleghi di quei genitori che hanno condiviso anche solo pochi minuti di operato nelle ultime 48 ore? Si fermerà il mondo? 
Ma se la pandemia c'è ed è realmente così grave, non si può sottovalutarla.

A me sembra ridicolo anche solo aver passato del tempo a progettare sedie di plastica tonde con rotelle come alternativa al rientro a scuola. 
Come un tempo, basta il banco singolo e il distanziamento di almeno 1,5mt tra un banco e l'altro. 
Così, però, si riducono gli spazi e non si può più arrivare a 26 bambini per classe. 
Ma in fondo sappiamo da tanto tempo che una sola maestra con tanti alunni riduce la qualità del suo lavoro e la capacità di apprendimento degli studenti, piccoli e grandi, che poi si ritrovano a dover rifare il lavoro a casa.
L'esperienza della DAD ci ha insegnato che in fondo in fondo non serve fare 5 ore al giorno piene e poi riempire di compiti i bambini il pomeriggio, anche perché va bene che devono socializzare e stare con gli altri, ma cinque ore al giorno in una stanza con 26 bambini e una o due maestre per 5 anni e poi a casa a studiare da soli, questo non è socializzare.

Mi sento fortunata perché attraverso le maestre di mia figlia ho scoperto che la DAD è fattibile, se ad operarla sono persone competenti, se i genitori un pochino trovano il tempo di aiutare i propri figli nello scalino iniziale. 

Osservo e vedo genitori disperati che non vogliono la DAD ma preferirebbero lasciare i figli in una scuola o simile; genitori che vorrebbero in qualche modo partecipare alla formazione dei figli; genitori che assolutamente non li vogliono a casa (ma questo lo vivo con una stretta al cuore, mi fa tanto triste); genitori in difficoltà perché non tutti hanno o sanno usare un computer e magari alcuni oltre al fatto che lavorano hanno da 2 a 6 figli, durissima per loro.

Noi ci siamo trovati a vivere delle ottime esperienze scolastiche ma anche di brutte, abbiamo intrapreso un percorso di HomeSchooling con grande successo, ma abbiamo anche affrontato la DAD con grande successo e questo ci ha portato a pensare che si può, ci si può aiutare invece di stare in contrasto. HomeSchooling non è un percorso di ribellione all'attuale pubblica istruzione, perché sappiamo l'importanza delle scuole in tutti i territori e guai a toglierle. 
Ci chiediamo però perché tanta chiusura verso la HomeSchooling che poi, non dimentichiamo, è sempre esistita. In tempi di guerra, ma anche dopo, erano spesso i più poveri a studiare a casa mentre i ricchi andavano a scuola. 
Oggi sembra diventare il contrario, ma non è così.

Mi piacerebbe una scuola dove l'apprendimento non passa per la punizione che l'insegnante da ai ragazzi per mostrare la sua autorità, per fermarli perché non li vuole più sentire, perché deve parlare lei o non riesce a portare avanti il programma. 
Mi piacerebbe una scuola fatta di pochi bambini e una maestra, dove si trova il tempo per essere lenti e veloci, per conoscersi e relazionarsi, dove l'obiettivo principale non è la velocità o la furbizia ma la crescita, lo sviluppo di competenze, l'interazione rispettosa e felice dei bambini, dei ragazzi, degli insegnanti.

Ci si arrampica sugli specchi con banchi, mascherine, plexiglass, sedie rotanti ma siamo sempre là: la soluzione è insegnanti competenti empatici e sempre formati, piccoli gruppi di studenti e collaborazione tra scuola e genitori. 
Se gli spazi non ci sono, se le aule non bastano, se il corpo insegnanti non ce la fa più ed è anche sottopagato, perché insistere su questa via?
Perché non accogliere modelli ibridi e alternativi.

Alcuni genitori vogliono i figli a scuola anche senza mascherina, altri li preferirebbero in DAD, altri ancora a casa. 
Bene, organizziamoci, permettiamo a ciascuno di scegliere.
Si fa la didattica normale e tradizionale, allo stesso tempo si mette in piede la DAD, si fa un sondaggio tra i genitori e anche solo fosse il 10% ad intraprendere la DAD, rimarrebbe più spazio per gli altri.
Se una maestra viene messa con tutta la classe in quarantena, può lavorare da casa in smart working e agganciarsi alla DAD che già esiste, in modo che nessuno perde lezioni e apprendimento. 
Se quarantena vuol dire malattia siamo fritti, bastano 2 classi da 26 alunni cadauna per mettere gli studenti a casa a fare niente e il corpo docente in malattia, e i genitori in difficoltà. 
Solo il corpo docente? E i bidelli, i genitori e i colleghi dei genitori? 

Alcuni genitori vorrebbero organizzarsi in piccoli gruppi di HomeSchooling ma hanno paura perché le scuole controllano, fanno gli esami e addirittura ho sentito usare il termine "ritorsioni" ... ma per favore!!
Siamo nel 2020, perché queste realtà non possono collaborare?
HomeSchooling in questo momento vuole anche dire limitare i contagi. 
Si creano piccoli gruppi di studio organizzati dai genitori, se necessario rivolgendosi a collaboratori esterni. 
Si intravede anche un momento di ripresa economica, seppur piccola, per coloro che non sono mai riusciti a entrare a scuola, per coloro che con la chiusura COVID hanno visto sfumare il loro lavoro.

Ogni scuola dovrebbe organizzarsi per classi poco numerose con banchi singoli distanziati, va bene anche con piccole spondine di plexiglass attaccate ai banchi durante le lezioni per non stare con le mascherine 5 ore, che si porterebbero però durante la pausa. 
Serve una pausa per mangiare e una pausa per interagire con i compagni, sempre gruppi piccoli.

Ogni scuola dovrebbe organizzarsi con la DAD per permettere a quei genitori che non lavorano, che lavorano da casa o che hanno bisogno di allontanarsi per motivi familiari di far seguire una scuola ai propri figli, sperando che i genitori abbiano premura di far socializzare i figli in altri contesti, sempre piccoli.

Ogni scuola dovrebbe organizzarsi per aprire le porte agli HomeSchooler accettando i loro programmi e organizzando per loro gli esami di fine anno, vivendo ogni volta questa esperienza come uno scambio e un momento di apprendimento, rilasciando non bocciature ma relazioni in cui si attestano le competenze eccellenti, quelle ottime, quelle buone e quelle in fase di sviluppo. 

A tutto questo aggiungo che bisogna staccarsi dalla territorialità a aprirsi e vivere l'Italia non come un agglomerato di regioni che fanno capo ad un unico governo, ma come tanti cittadini che fortunatamente hanno culture, tradizioni, idee e risorse diverse, perché sono proprio queste mille diversità raccolte in un territorio piccolo e impervio che rendono l'Italia una nazione unica in tutto il mondo, perché è proprio da tutte queste diversità raccolte in questo bel paese che troviamo sempre la forza di rialzarci e farcela.

Immaginate quante cose possono imparare un gruppo di HomeSchooler sardi che vanno a fare l'esame in Veneto, e quanto una scuola toscana che riceve degli HomeSchooler dal Friuli Venezia Giulia. Immaginate quanto forti e uniti si possono sentire un gruppo di studenti del Piemonte o della Lombardia che frequentano una scuola in DAD della Puglia.

Un pensiero utopico che ho voluto condividere con tutti voi, un segno di speranza e di fiducia in una Italia che alla fine non sono mai riusciti veramente ad abbattere. Un pensiero che condivido con mio marito, anche lui giunto alla conclusione che alternative creative e condivise sono la via migliore.

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